Salta al contenuto principale

Riprendiamo -dopo la pausa estiva- la nostra rubrica che ci porta in giro per il mondo per per farvi conoscere i meravigliosi tifosi che sostengono i colori biancorossi a centinaia e anche migliaia di km dalla nostra città. Oggi ci spostiamo di poco, per incontrare Antonio Musumeci, che vive a Padova.

Buongiorno Antonio, anche a te faccio la domanda di rito che rivolgo a tutti i tifosi lontani: com’è potuto accadere che un padovano decide di tifare Lanerossi Vicenza?
Provengo da una famiglia di papà siciliano e mamma toscana. Mio padre ha sempre girato l’Italia per motivi di lavoro, quindi negli anni 50 siamo approdati a Vicenza: abitavamo in viale della Pace, a ridosso della Caserma Ederle. Io sono nato lì nel 1960, ma solo quattro mesi dopo ci siamo trasferiti prima a Genova, poi all’Aquila, a Savona, a Varazze e infine a 16 anni sono arrivato a Padova, dove tuttora vivo con moglie tre figli e un nipotino. La mia fede per il Lane nasce prima di tutto dal mio certificato di nascita ma come puoi ben immaginare è stata conquistata sempre… in trasferta! Ricordo, quando avevo dieci anni scrissi un biglietto alla mamma chiedendole come regalo di compleanno di portarmi a vedere la partita Lazio-Vicenza, ultima di campionato 1970/1971. Noi a quel tempo abitavamo a l’Aquila e pensavo fosse la cosa più semplice del mondo. In realtà mio padre non aveva la macchina e comunque non mi avrebbe mai accompagnat ma venne in soccorso mio fratello più grande che si offrì di accompagnarmi allo Stadio Olimpico di Roma. Che ricordi e che emozioni in quella partita, con un gol di Cinesinho mandammo in serie B la Lazio! Ho visto tifosi biancazzurri strappare la bandiera laziale: questa cosa mi colpì molto e già allora pensai che mai io l’avrei potuto fare con la bandiera del Lane. Data la lontananza da Vicenza seguivo sempre alla radio “Tutto il calcio minuto per minuto” e la sera tutti davanti alla TV a vedere la sintesi della partita alla “Domenica Sportiva”. Quando ho vissuto in Liguria oltre a una partita a Genova contro la Sampdoria e una con la Juve a Torino non riuscii a vederne altre, purtroppo. Quanto mi mancava a quel tempo una partita al Menti. In quegli anni mi ero adattato a seguire con gli amici le partite locali di l’Aquila e Savona ma era un semplice passatempo, il cuore era a Vicenza. Sono stati bei momenti di tifo “casinista”, ma sano. Pensa che il nostro beniamino a Savona era un certo Vittorio Panucci bomber di razza che incontravamo tutti i giorni andando a scuola, perché lui faceva il postino e qualche volta portava con sé il suo figlioletto Christian… mettete insieme nome e cognome e capirete chi sarebbe diventato quel bambino. Ti racconto questo particolare perché da sempre ho avuto a che fare con realtà calcistiche non certo di élite, ma che hanno accresciuto in me una certa idea di calcio che aveva avuto origine dai colori biancorossi. Ho sempre pensato che il mio tifo per il Lanerossi Vicenza non potevo dividerlo con il tifo per altri squadroni, per me era sempre e solo Lane. Questo logicamente ha generato non dico una specie di emarginazione da parte di quegli amici che non comprendevano la mia passione

Sei un pozzo di ricordi anche lontanissimi nel tempo. Con te posso persino permettermi di parlare di Ezio Vendrame e della clamorosa batosta a Blackpool nel torneo anglo italiano…
Quella batosta me la ricordo ancora perché seguivo con passione tutte quelle (poche) occasioni in cui il Vicenza si affacciava nel panorama internazionale, quindi Mitropa Cup e appunto torneo Anglo Italiano. Ma attraverso il libro di Ezio Vendrame “Se mi mandi in tribuno, godo” ho potuto capire di più anche quella sonora sconfitta. A mio avviso fu la conseguenza di un misto fra ingiustizie subite e l’aver vissuto in maniera goliardica quella trasferta. Ti dirò che questo libro, pur con tutti i limiti e le pagine “vietate” lo consiglierei a tutti perché attraverso aneddoti anche molto divertenti presenta uno spaccato molto realistico dei vizi e delle virtù del calcio di allora ma soprattutto contiene degli spunti personali di Ezio in cui trasmette un’umanità fuori dal comune, che inizia con l’episodio del cappotto regalato al povero e finisce con l’allenatore delle giovanili in cui la frase “vorrei allenare una squadra di orfani” la dice lunga sul ruolo dei genitori nell’educazione dei figli. Ho imparato ad apprezzare questo giocatore non solo attraverso le sue qualità calcistiche ma anche con la lettura dei suoi libri e penso che meriti veramente tanto rispetto.

Dopo qualche anno hai vissuto la straordinaria favola dei ragazzi di Gibì Fabbri…
Nel 1976 il trasferimento di mio papà a Padova mi consente finalmente di riavvicinarmi a Vicenza. Sono arrivato giusto in tempo per godermi almeno in parte la favolosa escalation del Real Vicenza. Dico in parte perché non era facile prendere la mia Vespetta 50 la statale da Vicenza a Padova e andare da solo al Menti. Non ricordo quale fu la prima partita ma sento ancora l’emozione della coda al botteghino, dell’immagine del signore che vendeva gomme e caramelle e soprattutto della rete del parterre che divideva di pochi metri il calore del popolo biancorosso dal fiato dei giocatori. Paradossalmente il periodo più intenso per me è coinciso con il successivo declino del Vicenza, perché ho cominciato a condividere alcune partite con la morosa, padovana doc ma evidentemente più innamorata di me che delle sue origini. Mi sembra di ricordare che la prima partita insieme sia stato un Lanerossi Vicenza-Ternana, vinta 5-1, evidentemente la sua presenza ci portava bene! Invece la prima partita a cui ho portato i miei figli è stata quella della famosa invasione di campo contro la Lazio.

Anni stupendi e grandissime soddisfazioni anche quelli della risalita dallo spettro della caduta nel baratro della serie C2!
Non ho mai smesso di seguire il Lane, da Ulivieri all’era Guidolin e le magiche notti di Coppa Italia e di Coppa delle Coppe fino all’ultima promozione in serie A, davvero sono stati degli anni indimenticabili…

Hai resistito a tutto anche alla grande amarezza per l’evitabilissima retrocessione subita lo scorso campionato?
Guarda, proprio negli ultimi anni più disgraziati ho potuto coronare il sogno per eccellenza cioè quello di abbonarmi. Ed è successo quando siamo stati ripescati in serie B tre anni fa, per comodità e perché era più economico del singolo biglietto. Occupando poi sempre lo stesso posto ho cominciato a conoscere meglio i tifosi e i loro sentimenti, nel bene e nel male. L’anno scorso è stato un campionato angosciante, ma devo dire che le ultime due partite mi hanno fatto comprendere più a fondo il vero valore della nostra curva. A Cittadella è stato veramente forte l’amore che si percepiva sugli spalti a differenza della pochezza che veniva espressa in campo dai giocatori. Ma soprattutto l’ultima in casa contro lo Spezia, quei venti minuti di fumogeni e tutto lo stadio unito in un unico coro hanno fatto capire a tutti cos’è il tifo a Vicenza e decretato la fine di un ciclo. E soprattutto, per me, un nuovo inizio. A mio avviso la formazione ideale del Vicenza è costituita da quei giocatori che hanno amato e amano la maglia biancorossa con il loro talento e il loro cuore.

E pensare che bastava vincere le ultime tre partite in casa per non complicarsi la vita…
Bastava non sbagliare il rigore con Bellomo contro il Latina, non perdere le partite di Brescia e di Bari, non subire il gol nel finale con la Spal, non perdere col Verona, eccetera eccetera. E’ una sfilza di recriminazioni, ma guarda penso che alla fine meglio così. Ho sempre pensato che il problema in Italia è che non si possa più accettare una retrocessione perché spessissimo questa è il prologo del fallimento: Per fortuna che questo non è avvenuto, ma ci è mancato veramente poco!

Dopo la sonora vittoria casalinga contro il Gubbio sono arrivati tre punti d’oro da Modena, anzi da Forlì. A mio avviso possiamo contare su due certezze: un ottimo direttore sportivo e un ottimo allenatore. Il loro lavoro è stato premiato dal campo oltre che dal giudizio più che positivo dei tifosi
Ti confesso che a pelle Zocchi e Colombo mi sono da subito piaciuti, come invece a pelle da subito non mi erano piaciuti Tesoro e Pastorelli. Parlo esclusivamente dall’impressione umana, mi pare che i risultati danno ragione anche a questa prima impressione.

A tuo avviso dove potremmo arrivare a maggio? Mi fai un nome per la promozione diretta e quattro per la semifinale dei playoff?
Confesso di non conoscere molto le avversarie del girone e non vorrei sparare a caso.

 

La cessione societaria vive un momento di impasse. Che idea ti sei fatto al riguardo?
Ho molta fiducia in Franchetto, ma è urgente che 1) Boreas faccia il passo che deve fare e 2) arrivino altri imprenditori (come gli sponsor) che dimostrino effettivamente interesse a investire su questa società.

L’ultima domanda: quali sono i giocatori ai quali sei più affezionato?
Vorrei ricordare senz’altro il mio primo idolo cioè Adriano Bardin e l’ultimo… il tanto vituperato Stefano Giacomelli, sì proprio Jack! Ma sopra a tutti il grande immenso Moro.

Siamo arrivati alla fine della nostra chiacchierata. Vuoi mandare un tuo personale messaggio a mister Colombo e alla squadra o un saluto ai tifosi biancorossi?
Direi a tutti di non mollare mai, il mister si è sentito orgoglioso di questa piazza, bene… tenga duro anche nei momenti in cui ci sarà da soffrire, i giocatori sappiano che da Vicenza possono ricevere molto ed essere valorizzati ma che a Vicenza devono dare tutto se stessi. I tifosi… anche loro non devono mollare ma questo possiamo dire che l’abbiamo ampiamente dimostrato anche quest’anno. Credo che Vicenza rappresenti un caso più unico che raro, che a seguito di una così brutta retrocessione una tifoseria aumenti il numero degli gli abbonamenti!

Grazie Antonio: come promesso ti do appuntamento alla quarta giornata a Padova per il derbino ino ino… Sarebbe proprio bello entrare all’Euganeo al coro “Pista pista arriva la capolista!”

Facebook Notice for EU! You need to login to view and post FB Comments!

Articolo scritto dalla Redazione di Biancorossi.net