Pochi giorni dopo aver acquistato il Vicenza, la nuova proprietà a nome di Marco Franchetto, aveva spiegato bene quali sarebbero stati i programmi per questa stagione. “Non vorrei che qualcuno sminuisse quanto fatto finora e che potesse pensare che con l’acquisizione della società da parte di Vi.Fin. tutto sia risolto – aveva sottolinea l’attuale presidente di Vi.Fin. Franchetto – per usare un paragone medico il Vicenza è un malato che adesso può essere trasportato in reparto perché non c’è più pericolo di morte. Però deve essere ben chiaro che la società deve essere risanata, molte situazioni devono essere sistemate e per farlo ci vorrà del tempo. Per questo è bene sottolineare che non siamo nelle condizioni di fare la squadra per puntare alla serie A, ma che dovremo costruire un organico controllando attentamente i costi pur prestando la dovuta attenzione a non correre il rischio di scendere di categoria perché per noi sarebbe molto grave”.
Tutto chiaro e condivisibile, con il problema che la realtà ci sta dicendo che il rischio di retrocedere al momento c’è e non va sottovalutato. Sul perché il Vicenza abbia iniziato la stagione con tante difficoltà le risposte potrebbero essere tante, ma l’unica cosa certa è che quando le cose non funzionano non c’è mai un unico problema, ma una serie di complicazioni, di situazioni negative che hanno creato il contesto attuale. Che la squadra costruita in estate avesse i mezzi per lottare solo per la salvezza c’erano pochi dubbi, ma l’avvio è stato finora più complicato del previsto perché il Vicenza di Franco Lerda ha perso anche le poche certezze che erano rimaste. Passi per la difesa, reparto in cui sono stati ceduti Sampirisi e Brighenti, i due punti di forza del reparto arretrato, rimpiazzati a rate con i vari Pucino, Fontanini, Zaccardo ed Esposito che finora non hanno convinto, tanto che le uniche note moderatamente positive vengono dai ventenni Bianchi e Bogdan. Quello che suona più di difficile comprensione è come dalla cintola in su la squadra abbia dimenticato tutto quello che di buono aveva dimostrato di saper fare da marzo in poi, cioè dall’arrivo di Lerda sulla panchina berica al posto di Pasquale Marino. Nel finale dello scorso campionato Lerda ha schierato due mediani. Signori e Moretti, Vita, Galano e il giovane Sbrissa dietro alla punta centrale, ruolo in cui si sono alternati Ebagua e Raicevic. Rispetto alla squadra di oggi c’è Rizzo al posto di Moretti, e Siega nella posizione di esterno sinistro in cui Sbrissa ha giocato adattandosi ad un ruolo chiaramente non suo. Vero che a mezz’ora dalla fine Lerda faceva entrare Giacomelli che pur seriamente acciaccato qualcosa di buono lo creava sempre, ma la differenza tecnica tra i due schieramenti ci sembra veramente minima, con l’attuale che forse si fa preferire per le alternative (che per la verità in campo si sono viste molto poco) che Lerda ha a disposizione. E quindi? La risposta che ci viene spontanea è che tutte le componenti del club berico, nessuna esclusa, devono fare di più. A partire dai giocatori che ancora non si sono compattati e non hanno costruito quel gruppo solido che rema dalla stessa parte, cosa che nel campionato di serie B è fondamentale. Deve dare di più Lerda che, pur con molte attenuanti, non pare aver ancora saldamente in mano la squadra, e partite come quella disastrosa di Ascoli ne sono la prova.
Ma deve fare di più anche la società, la nuova proprietà che, lo sanno anche i pali del “Menti”, qualche problemino all’interno ce l’ha. Delle discussioni, dei confronti tra soci a volte anche irosi e pubblici ne parla la città, così come è noto che non ci sia proprio unanimità di vedute all’interno di Vi.Fin. Contrasti che quando le cose vanno male possono anche accadere, ma che mai dovrebbero essere esternati, raccontati e resi pubblici perché l’immagine che si dà della società all’esterno è decisamente negativa. Così come è incredibile che un collaboratore, nello specifico Daniele Fortunato, venga esonerato a giugno, riassunto il 21 di settembre e due giorni dopo dia le dimissioni per nette ed evidenti differenze di vedute rispetto all’operato della società stessa nella gestione del settore giovanile. Un quadro critico, certamente non positivo che genera malessere, che non porta tranquillità ad una squadra che di problematiche, come abbiamo visto, ne ha abbastanza da sé. Detto questo nessuno dimentica che i soci di Vi.Fin. hanno salvato il Vicenza dal fallimento, cosa a cui tutti i tifosi del Vicenza hanno dato la giusta e doverosa importanza. Ma nello sport, come nella vita, non si può vivere di rendita e quindi adesso bisogna portare avanti il progetto e farlo, ci sia consentito, in maniera più costruttiva, con meno tensioni e diktat. Perché che il Vicenza vada risanato è noto a tutti, così come è noto quanti sono i disastri e i debiti che ha lasciato la gestione Cassingena. Ma c’è modo e modo per ripartire, anche magari mettendo qualche volta da parte la mera parte economica e mettendoci un po’ più di passione e di cuore.