[legaserieb.it] Complessivamente 93 campionati disputati in Serie B e 69 nella massima serie: basta questo per capire quanto Vicenza-Brescia sia una partita ricca di significato e di storia. Lunedi allo stadio Menti andrà infatti in scena una vera “classica” tra due compagini distanti solo un punto in classifica e che cercano di allontanarsi il più possibile dalla zona calda per tentare magari l’assalto ai play off. Anche questa settimana abbiamo chiesto a un ex allenatore di entrambe di presentarci la gara: si tratta di Luigi Cagni, per tutti “Gigi”, che col Brescia ha iniziato ad approcciarsi al mondo del calcio e a Vicenza ha avuto modo di vivere una delle ultime esperienze in panchina.
Per Cagni il Brescia segna praticamente l’inizio del rapporto con il mondo del calcio. Com’è nato tutto?
Io al Brescia ci sono stato quattordici anni, ho iniziato quando ne avevo tredici e sono andato via che ne avevo ventisette. Praticamente è stata la svolta nella mia vita perché da operaio sono diventato calciatore professionista. Già facevo parte delle giovanili ma poi a diciassette anni mi sono licenziato su suggerimento della società per entrare a far parte della prima squadra. Da fresatore tornitore specializzato sono diventato un giocatore firmando, i primi anni, contratti in bianco perché giocare nel Brescia, ovvero la squadra della mia città, era prima di tutto un onore.
Vicenza invece, in ordine cronologico, rappresenta una delle sue ultime esperienze in panchina. Che ricordi ha di quel periodo?
È stata sicuramente un’esperienza gratificante perché comunque, aldilà di tutto, a Vicenza sono stato benissimo. Fino a un certo punto della stagione la squadra ha fatto bene, poi sono subentrate delle difficoltà che non riguardavano solo l’aspetto sportivo e c’è stata una flessione. Quando sono stato richiamato siamo comunque riusciti ad arrivare quantomeno ai play out. Poi la squadra, fortunatamente, è stata ripescata la stagione successiva quindi ha potuto lo stesso affrontare il campionato cadetto.
Lunedi Vicenza e Brescia si affrontano in campionato, che partita sarà secondo lei?
Il Brescia ultimamente sta vivendo grossi problemi societari perciò la squadra ne sta risentendo. Il Vicenza invece, nell’ultimo mese, ha inanellato una serie di risultati utili che li ha portati in una buona situazione di classifica. Io mi aspetto una partita magari un po’ nervosa da parte dei calciatori lombardi anche se ho notato molta compattezza nella squadra. Sembra che ci sia la cattiveria giusta e come valore la squadra c’è, il problema però riguarda i fattori esterni che per forza di cose condizionano anche in campo. Il Vicenza perciò parte da una situazione di vantaggio, oltretutto considerando il fatto che gioca in casa e giocare al Menti non è un fattore da considerare di secondo piano, perché i tifosi sono numerosissimi e soprattutto molto passionali. Quindi direi che sulla carta vedo favoriti i veneti ma poi queste partite fanno sempre storia a sé perché sono partite che hanno una certa tradizione e diventano quindi imprevedibili.
Abbiamo parlato di queste due squadre ma in generale che idea si è fatto della Serie B, considerando anche l’elevato numero di italiani in campo che magari può segnare un passo importante per la rinascita dell’intero movimento del nostro Paese?
Innanzitutto in una situazione difficile come quella attuale del calcio italiano è necessario tornare alle origini, ed è una cosa stupenda. In B molti giovani e molti italiani trovano spazio e spero lo si trovi anche in Serie A. Per esempio, la scorsa settimana sono stato a Chiavari a vedere Virtus Entella-Avellino e i due centrali irpini, Chiosa ed Ely, sono classe ’93 e quindi diventa molto carino vedere come questi ragazzi possano giocare e fare esperienza. La Serie B diventa il serbatoio della A in questo modo. Così come diventerà importante valorizzare nuovamente i settori giovanili. Perché il problema in Italia va risolto principalmente attraverso due cose che ripeto da danni: gli stadi e i vivai. Ho avuto modo di stare due mesi negli Stati Uniti e ho visto come si stanno muovendo lì. Si capisce che hanno un progetto di espansione dal fatto che prima di tutto non badano all’aspetto tecnico delle squadre ma hanno costruito strutture che possano essere utili per sviluppare tutto il movimento. Poi per quanto riguarda i settori giovanili è banale dire quanto sia importante lavorarci su per formare i calciatori. Alla luce di tutto questo dico che la Serie B è un campionato che può servire principalmente come trampolino di lancio per molti giovani.
Proprio a proposito di questo, ci sono calciatori che secondo lei possono diventare dei campioni in prospettiva?
Ce ne sono molti di calciatori interessanti che potrebbero giocare nella Serie A attuale e non solo. Tantissimi direi. Occorre però un lavoro intenso e dedicato. In prospettiva si deve lavorare sui giovani parecchio perché un allenatore della prima squadra non può perdere tempo a insegnare la tecnica individuale, offensiva ma anche difensiva. Un allenatore deve pensare ad altre cose. E allora ecco di nuovo che torno a parlare dell’importanza del lavoro sui vivai. È così che si riescono a trovare i talenti che poi, attraverso campionati come la Serie B, riescono a mettersi in mostra.
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