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Vi proponiamo la dettagliata analisi del Bologna che sabato dalle 15 sarà ospite del Vicenza al Menti. La presentazione reparto per reparto è frutto del lavoro di Ciro Brillante, collega di 1000cuorirossoblù:

Obiettivo paradiso. Non potrebbe essere altrimenti per un club impregnato di storia come il Bologna F.C. 1909, sette volte sul tetto d’Italia nonché quinta squadra più titolata del Belpaese al pari di Torino e Pro Vercelli. Spogliato nel giro di una manciata di stagioni dei suoi abiti migliori (Gilardino, Diamanti, Gabbiadini, Portanova, Britos, Ramírez e Taïder, solo per citarne qualcuno), il Bologna è scivolato nel purgatorio della serie cadetta al termine di una stagione thrilling, nella quale i tifosi hanno assistito increduli agli innumerevoli errori tecnici e di valutazione da parte di una dirigenza il cui gradimento ha finito inevitabilmente per lambire i minimi storici. Dagli errori, tuttavia, non è raro trarre insegnamento. La mission, in quello che possiamo considerare l’anno zero del calcio sotto la Garisenda, non si profila impossible e può contare su un generale d’eccezione: Diego Luis López. Dopo aver messo insieme qualcosa come trecentoquattordici presenze in dodici campionati al Cagliari, lo Javier Zanetti del Sant’Elia ha smesso gli scarpini ed indossato giacca e camicia per intraprendere il mestiere di allenatore, fisiologico proseguimento di una carriera da vero leader del rettangolo verde. L’ex nazionale uruguagio ha sposato senza indugi la causa del Bologna, mettendo esperienza, temperamento ed un credo tattico improntato sul 4-3-3 all’inglese al servizio di una squadra dalla fisionomia del tutto inedita, variegato crogiolo di volti nuovi, bandiere e ragazzi affamati di riscatto. Andiamo a scoprire reparto per reparto la rosa del Bfc 2014-2015.
PORTA – Il vecchio e il bambino
Non ingannino i sei palloni raccolti in fondo al sacco nel suo sciagurato esordio in Serie A, quando, nonostante i quasi due metri di altezza, Dejan Stojanović si mostrò piccolo piccolo al cospetto di Klose e soci. Era il 5 maggio 2013 e all’Olimpico la Lazio travolgeva un Bologna privo di velleità legate alla classifica, regalando all’allora diciannovenne ragazzone austriaco una prima volta da far impallidire Dario Argento. Fortuna vuole che Dejan non sia tipo da facili traumi. Approdato in terra felsinea tre estati fa grazie ad una felice intuizione di Salvatore Bagni e subito aggregato alla formazione Primavera, Stojanović ha dimostrato di possedere una forza mentale tale da renderlo immune alle cadute che le sue indubbie qualità non sempre riescono ad evitargli. A lui è stata concessa la maglia numero uno e, almeno in linea teorica, la pole position per il ruolo di titolare. La pratica prevede un sano dualismo con Ferdinando Coppola, classe ’78 con un passato da atleta con la valigia perennemente in mano. Stravolgendo una gerarchia che pareva già consolidata, a quest’ultimo mister López ha affidato la porta del Bologna contro L’Aquila in Coppa Italia nella prima uscita ufficiale della stagione. Una tantum o prima manche di un duello generazionale a forte rischio malumore?
DIFESA – Il principio di Archimede
Madre Natura non gli avrà donato piedi buoni e tecnica sopraffina, ma in quanto ad agonismo e abnegazione Archimede Morleo non è secondo a nessuno. Questa è senz’altro una delle ragioni che hanno spinto Diego López ad affidargli una fascia di capitano più che mai ballerina, trasmigrata in poco tempo dal bicipite di Marco Di Vaio a quello di Panagiotis Kone, passando per le braccia di Portanova, di Diamanti, di Pérez e di Natali. Altra motivazione è quella legata all’esperienza del terzino classe ’83, al Bologna dal luglio 2010 e protagonista con la casacca rossoblù di più di cento apparizioni. Le sue generose sgroppate sull’out mancino saranno riprodotte a destra da György Garics. Le caratteristiche del nazionale austriaco non sono dissimili da quelle di Morleo: grinta, tanta corsa ed esperienza, pregi che gli consentono di mascherare almeno in parte una fase difensiva tutt’altro che eccelsa.
Tra i due terzini, vero e proprio lusso per la serie cadetta, troneggia il neo acquisto Domenico Maietta. Dopo aver tenuto fede alla promessa di riportare l’Hellas Verona dalla Lega Pro all’olimpo del calcio italiano ed essersi tolto, a trentun anni suonati, la soddisfazione dell’esordio nel massimo campionato, lo stopper calabrese ha salutato la città di Giulietta al termine di una stagione da incorniciare per sé e per i suoi. La nuova meta dell’ex capitano scaligero coincide con l’immediata redenzione del Bologna, obiettivo che non può prescindere da un reparto difensivo robusto. Ecco perché compito del trentaduenne Maietta sarà quello di fare da chioccia al giovane di turno che lo affiancherà nel cuore della retroguardia. Il candidato principale risponde al nome di Rafael Pàez Cardona. Cresciuto nelle giovanili del Real Madrid ed approdato giovanissimo al Liverpool, società che ne detiene tutt’ora il cartellino, il centrale classe ’94 è giunto in Emilia con la formula del prestito, ma col Vicenza non sarà della partita, in quanto fermo ai box per un infortunio; già si staglia all’orizzonte il ballottaggio con Marios Oikonomou (’92). Occhio alle quotazioni dell’ex cagliaritano, un autentico corazziere in virtù dei suoi centottantanove centimetri di altezza per ottantacinque chilogrammi. Sebbene sia ancora tutto da sgrezzare, il greco appare certamente adatto ad un campionato ruvido come la Serie B. Buone anche le soluzioni di ripiego, con i baby Alex Ferrari ed Adam Masina reduci da un precampionato da incorniciare e vogliosi di non far rimpiangere i colleghi titolari. Risoluti, maturi e ben strutturati fisicamente, i due ragazzi del ’94 sono da annoverare tra i talenti più fulgidi prodotti dalla cantera rossoblù negli ultimi anni. Il futuro non può che appartenere a loro.

CENTROCAMPO – Ai piedi di San Francelino
Se rispetto alla passata stagione la difesa risulta mutata per un buon 50%, a metà campo la rivoluzione è quanto mai totale. La prima novità riguarda l’uso di un metodista capace di dettare i tempi in cabina di regia: parliamo naturalmente di Francelino Matuzalém, il playmaker che tanto è mancato al Bologna versione 2013-2014. Rilevato a costo zero dal Genoa, Matuzalém sarà, con le dovute e sacrosante proporzioni, il Pirlo di mister López, ovvero quell’elemento in grado di ungere con l’olio della qualità gli ingranaggi del gioco rossoblù, arrugginiti oltremodo in seguito all’addio di Diamanti. Il lavoro di fino del brasiliano, fulmineo di pensiero ma non certo di gamba, necessita di un paio di fidi scudieri disposti a fare legna nella zona nevralgica del campo. A tal proposito, risulterà prezioso l’apporto di due faticatori come Franco Zuculini e Federico Casarini. Il primo è il classico bambino prodigio non in grado di dare continuità alle ottime prestazioni degli esordi, condite da legittimi sogni di grandeur, paragoni rivelatisi troppo ingombranti ed una chiamata in nazionale davvero speciale, in quanto stabilita da un CT d’eccezione: Diego Armando Maradona. Giunto sulla soglia delle ventiquattro primavere, l’ormai ex “nuovo Mascherano” ha l’occasione per dimostrare a tifosi e addetti ai lavori che l’esordio di cinque anni fa con la nazionale Albiceleste non è stato un madornale svarione del mitico Pibe. Con Casarini si corrono meno rischi; il carpigiano cresciuto nel vivaio rossoblù ha collezionato settantadue caps con la maglia del Bologna tra il 2008 e il 2012. Archiviate le esperienze a Cagliari e a Lanciano, il polivalente centrocampista è ritornato all’ovile in vista di una stagione da probabile protagonista: in dubbio però la sua presenza col Vicenza, per una brutta botta, presa contro il Cittadella, alla caviglia che già due settimane fa era stata oggetto delle cure della difesa avversaria . Al ruolo di comprimario si candida anche l’italo-tunisino Karim Laribi, reduce da dodici presenze e tre reti in mezza stagione trascorsa ad inseguire il sogno Serie A con il Latina. Pur avendo caratteristiche marcatamente offensive, il giovane scuola Inter sa disimpegnarsi con profitto anche come mezzala sinistra, ruolo che non gli preclude qualche letale scorribanda offensiva. Grande curiosità aleggia intorno alla figura dell’ultimo arrivato Marchel Büchel. Il centrocampista nato ventitré anni fa a Feldkirch, la stessa città che ha dato i natali a Stojanović, ha disputato l’ultimo campionato al Lanciano in compagnia di Casarini e può vantare nel curriculum addirittura due gettoni nell’edizione 2010-2011 dell’Europa League. Tra i due estremi cronologici si collocano le parentesi di Gubbio e Cremona, con la Juventus sempre vigile nel monitorare i progressi del talentino austriaco. Chi sa che non esploda proprio a Bologna. Un discorso a parte merita Diego Pérez. I frequenti acciacchi e la traballante tenuta fisica palesata nell’ultima stagione non hanno scoraggiato più di tanto la dirigenza del Bologna, che non ha esitato a far firmare al mediano, ormai svincolato, un contratto annuale, bissando quanto accaduto nell’estate 2013. Ipotizzabile un utilizzo part-time per l’uruguagio, recordman di presenze con la nazionale Celeste alle spalle del mostro sacro Forlàn. L’esperienza ed il proverbiale agonismo del Ruso basteranno a sopperire all’evidente declino atletico? Il rientro del Ruso (così chiamano Diego in patria) è ormai prossimo.

ATTACCO – A. A. A. Gila cercasi
Ventotto gol realizzati dei quali appena undici nell’intero girone di ritorno, due centrocampisti (Diamanti e Kone) come migliori marcatori di una squadra il cui “bomber” più prolifico (le virgolette sono d’obbligo, trattandosi del Churry Cristaldo) è andato a segno quattro volte: sono a dir poco eloquenti i numeri dell’attacco rossoblù nella stagione ’13-’14, un attacco che, complice la retrocessione, è stato oggetto di un sensibile colpo di spugna. Congedati con una pacca sulla spalla e zero rimpianti il tanto volenteroso quanto fumoso Churry, il punto interrogativo vivente che risponde al nome di Daniele Paponi e, soprattutto, quel Rolando Bianchi chiamato a sostituire Alberto Gilardino (tredici centri nel 2012-2013) ma ben presto ribattezzato “palo della luce” dalle parti del Dall’Ara, è ufficialmente cominciata l’era del tridente. Nuovo terminale dell’avanguardia rossoblù sarà Daniele Cacia (’83), uno che in A non ha mai saputo sfondare (per lui un bottino non proprio esaltante due reti in trentotto presenze totali nella massima serie) ma che in cadetteria è solito fare la voce grossa, come dimostra il titolo di capocannoniere conquistato con l’Hellas Verona nell’anno della promozione. Non è da meno Gennaro Troianiello, coetaneo di Cacia nonché trascinatore del Sassuolo vincitore della Serie B 2012-2013. A lui l’incarico di rifornire di assist la prima punta, compito che l’esterno napoletano svolgerà in sinergia con Luca Giannone, colui che avrà l’onore e l’onere di portare sulle spalle la dieci appartenuta in tempi recenti a calciatori del calibro di Gastón Ramírez, Gilardino e Diamanti. Viene dalla Reggiana e con i felsinei ha già timbrato il cartellino nel match d’esordio contro L’Aquila. Se è vero che il buongiorno si vede dal mattino…
I due trequartisti avranno nel ventiquattrenne Riccardo Pasi un agguerrito rivale. Dopo tanto girovagare, l’attaccante cresciuto nelle giovanili rossoblù è tornato a casa per giocarsi le proprie chance di diventare profeta in patria. Il bagaglio che il numero sette porta con sé comprende tecnica, fantasia, rapidità di pensiero e di esecuzione; ecco perché Pasi può rappresentare un freccia velenosa nella faretra di López, utile anche a partita in corso.
Chiudiamo con l’incognita Robert Acquafresca. Un centravanti con le sue caratteristiche avrebbe tutte le carte in regola per fare sfracelli in Serie B. Peccato, però, che l’ex Cagliari non la butti dentro dal 13 maggio 2013, data in cui siglò la rete del momentaneo 1-1 del suo Levante contro il Rayo Vallecano. L’ultima esultanza in rossoblù risale addirittura alla penultima giornata del campionato ’11-’12. Le ere geologiche trascorse in naftalina di certo non gli hanno giovato, ma se non è mai entrato nelle grazie dei suoi ultimi allenatori un motivo ci sarà. Le probabilità di assistere ad una rinascita del bomber nato a Torino da padre calabrese e madre polacca sembrano ridotte al lumicino, anche perché, per un Acquafresca sempre più bisognoso di ritrovare sé stesso, troviamo, fresco fresco di trasferimento dall’Atalanta, un Rubén Bentancourt che già scalda i motori.

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Articolo scritto dalla Redazione di Biancorossi.net

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