Un capitano resta sempre un capitano, specialmente se ha vestito per 317 volte la gloriosa maglia biancorossa, record di presenze tuttora imbattuto e probabilmente imbattibile nella storia del calcio vicentino.
Agli albori del gioco del football, parliamo delle prime partite della seconda metà dell’Ottocento in Inghilterra, vigeva una severa autodisciplina in campo e un regolamento che, seppur non ancora completamente scritto, era comunque osservato dalla maggioranza dei giocatori in campo.
Quando veniva commessa una trasgressione a queste regole erano gli stessi capitani delle due squadre in campo a decidere, di comune accordo, le relative punizioni. Ma c’era di più: se qualcuno dei calciatori dopo un richiamo si rifiutava di scusarsi e di correggere il proprio comportamento scorretto veniva cacciato dal campo dal proprio capitano.
Infatti, la presenza di un arbitro e l’ampiezza dei suoi poteri come sono conosciuti adesso, non vennero ritenuti opportuni che nel 1890, quando la figura del referee ebbe il pieno e assoluto controllo delle partite.
Ma qualcosa dello spirito indomito e di leale correttezza dei primi giocatori inglesi deve essere trasmigrato chissà come, nel lontano 1930, riportando in vita quei sentimenti purissimi nell’animo di un neonato di Cressa, provincia di Novara…
Quando guardo Giulio Savoini penso sempre a quel calcio fatto di galantuomini e di nobili sentimenti.
Negli anni cinquanta portare la fascia di capitano al braccio era considerato ancora un onore e rivestiva nel contempo un grande valore morale: voleva dire rappresentare la squadra in campo e assumersi la responsabilità del comportamento di ogni singolo compagno.
L’arbitro parlava poco o niente con i calciatori durante la partita e si rivolgeva esclusivamente al capitano, per spiegare il perché di una sua decisione, per ammonire contro il gioco scorretto e per raccogliere eventuali lamentele.
E vi erano presidenti che chiedevano al capitano di essere la guida morale anche fuori dal campo. All’epoca del presidente Maltauro toccava proprio a Giulio Savoini vigilare sulla serietà e sul buon comportamento compagni. A pagare con salate multe, per eventuali trasgressioni al regolamento societario che imponeva un rigido regime alimentare e tassativi orari di riposo, era proprio lui… capitan Savoini. Un giocatore e un maestro di vita, che ha saputo rappresentare il Lanerossi Vicenza in maniera esemplare: mai un’ammonizione in campo, mai un’espulsione. E una vita sana e regolata da atleta che serviva da esempio a tutta la squadra.
Ma Giulio aveva anche il carisma e la forza per riuscire a gestire i malumori dello spogliatoio, per custodire come un fratello maggiore le confidenze di chi aveva problemi, per aiutare i più giovani a imparare.
Il nostro Giulio Savoini è un’icona di quei tempi e per questo motivo i ricordi che lo riguardano sono così importanti.
Siamo andati a visitarlo più volte, l’ultima nel centro che si occupa della sua riabilitazione dopo la brutta caduta dello scorso mese di luglio, assistito dalla signora Ivana, l’amica di sempre: lo abbiamo trovato grintoso, motivato nel cercare un veloce recupero motorio, ma con il pensiero sempre rivolto verso il suo Vicenza.
Legge i giornali, si informa, chiede agli amici che lo vanno a visitare. Ha fiducia nel nuovo allenatore, nei giovani acquisti, nel pubblico che non riesce ad abbandonare la squadra nemmeno nei momenti più bui.
Tutti noi tifosi biancorossi dobbiamo qualcosa a Giulio.
Chi lo ha visto giocare, porta dentro di sé il ricordo di una figura leggendaria, di un calciatore serio e leale come pochi, di un giocatore dall’ineguagliabile moralità.
Chi lo ha avuto come allenatore e soprattutto come educatore, ha sicuramente beneficiato dei suoi grandi insegnamenti e consigli, da buon padre di famiglia.
Chi ha la fortuna di averlo come amico custodisce un bene prezioso: conoscere una grande parte della storia del Lanerossi Vicenza.
Viviamo momenti difficili e pochi sono i punti di riferimento che ci sono rimasti nel mondo del calcio moderno che non piace più a nessuno.
Ecco perché è importante essergli vicino, adesso.
Buon compleanno, grande Giulio.
A.B.