Le è stato detto perché è stato sollevato dal suo incarico?
Non mi è stata data nessuna spiegazione, ho solo ricevuto una lettera in cui mi veniva comunicato l’esonero. Lettera in cui, paradossalmente, veniva riconosciuta la mia professionalità e si esprimeva la riconoscenza per il lavoro svolto. In ogni caso la vera perdita per il Vicenza non sono io, ma il dottor Talenti, il professionista innegabilmente più bravo in Italia nel suo ruolo, che si è dimesso dopo 22 anni di diagnosi radiologiche straordinariamente precise, che hanno sempre permesso allo staff medico piani di lavoro accurati al fine di ottenere tanti recuperi importanti.
La richiesta del suo allontanamento è stata di Cagni?
Mai espressa personalmente e direttamente, ma è così. Evidentemente non c’era sintonia con il mio modo di gestire i giocatori sotto il profilo medico. L’unico che mi compete, ma anche l’unico sul quale non accetto intromissioni. Così come non è nelle mie corde (e di tutto lo staff sanitario) mentire ai giocatori sull’entità delle diagnosi. In più di un’occasione Cagni mi ha manifestato la sua filosofia per cui tutto è riconducibile a livello mentale, compresi gli infortuni dei giocatori.
Vale a dire?
Prendiamo Abbruscato: tra novembre e dicembre aveva riportato una lesione al gracile, ovviamente diagnosticata e comunicata al giocatore. Elvis per il mister stava bene, ma giocava male perché gli avevamo detto che aveva una lesione. In sostanza, mi veniva chiesto di omettere la verità, di essere bugiardo. Una mentalità inconcepibile per me e, lo ripeto, per tutto lo staff medico biancorosso, che negli anni aveva basato il rapporto con gli atleti sulla precisione diagnostica, oltre che sulla lealtà e correttezza. A beneficio di tutti coloro che si sono alternati sulla panchina del Vicenza prima di Gigi Cagni, che hanno spesso goduto di recuperi insperati o, nel peggiore dei casi, di prognosi congrue con gli infortuni occorsi. Se bastasse tacere la diagnosi al malato, il cancro sarebbe stato debellato da un pezzo.
Altri esempi?
Preferisco evitare di scendere nel dettaglio, ma giocatori come Botta, Baclet o Rossi li abbiamo persi per un periodo più lungo perché non venivano ascoltate le indicazioni mediche.
Eppure fino alla pausa natalizia a vedere la squadra e i risultati tutto sembrava andare per il meglio: poi a gennaio…
Nelle mie analisi, che riguardano, lo sottolineo, l’aspetto medico della squadra, cerco sempre di essere rigorosamente scientifico e documentato. C’è stato un momento in cui gli esami periodici dimostravano che i giocatori non stavano lavorando. “Dobbiamo recuperarli tutti, chi si prende indietro non recupera più perché a gennaio le mie squadre volano”, mi disse Cagni durante la pausa invernale. Sulla base di quali sensazioni me lo dicesse non lo so, ma non fu evidentemente gran profeta. Salvo poi motivare il calo fisico della squadra dall’inizio dell’anno in poi con la condotta di vita “non da atleti” dei giocatori durante i dieci giorni di vacanze natalizie.
A proposito di dati medici, durante il periodo Baldini la squadra come stava?
Dati alla mano la squadra fisicamente non stava male. Al suo arrivo Cagni è stato bravo a trasformare e valorizzare il preesistente lavoro fatto in fase di preparazione.
E con Beghetto?
Anche in quel frangente, e intendo al momento del suo esonero, i dati evidenziavano che fisicamente la squadra stava crescendo.
Torniamo a Cagni: il vostro rapporto com’era?
Professionalmente disastroso, come ho spiegato. Sotto il profilo umano abbiamo visioni della vita molto distanti, anche se questo non ha mai influito con l’aspetto professionale. A pesare era l’indifferenza di Cagni e del suo preparatore atletico (Ambrosio, ndr) alle nostre (dello staff, ndr) comunicazioni e sollecitazioni. Per esempio, da parte loro non c’è mai stato l’interesse di sapere come fossero andati gli esami e in generale l’andamento degli infortuni. Per Cagni non esisteva il lavoro differenziato: il giocatore o c’era, o non c’era. Ripeto l’esempio fatto con Rossi: non era pronto, ma è stato preso e messo in gruppo con il prevedibile risultato di farlo infortunare nuovamente. Mai prima di questa stagione c’era stata questa mancanza di concertazione. Allenatori come Gregucci, Maran, Iachini si sono sempre appoggiati sulle indicazioni dello staff medico. E sottolineo che si trattava di indicazioni, non di imposizioni, nell’ottica di lavorare tutti insieme per il bene comune: una squadra in salute e conseguenti buoni risultati, gratificanti per tutto l’ambiente, non certo per il solo responsabile medico.
Crede di potersi rimproverare qualcosa?
Per indole sono sempre critico con me stesso, non sono abituato a dare mai nulla per certo o scontato. Perciò è evidente che errori ne ho commessi anche io, su tutti quello di una cronica incapacità di mediazione quando si tocca il mio lavoro. Di una sola cosa sono sicuro, ho svolto il mio ruolo in questa stagione nello stesso modo che mi ha portato ad avere credibilità con giocatori e addetti ai lavori. Di fatto non mi è mai stata contestata la credibilità delle diagnosi, bensì la metodica. Ma come posso io, dopo aver fatto una diagnosi che evidenzia una piccola lesione, con un rischio infortunio seppur minimo, dire al giocatore “non hai niente”? Cagni mi chiedeva questo. Ma cosa succede se quel calciatore gioca, si fa male e poi magari va a leggersi il referto scoprendo che, di fatto, avevo mentito? Avrei perso non solo il giocatore, ma tutto il gruppo che non si sarebbe più fidato dello staff medico.
Quanto è amareggiato per come sono andate le cose?
Dopo tanti anni nel mondo del calcio so che quanto è successo fa parte del gioco. Se ho un’amarezza è verso l’atteggiamento tenuto da molti giocatori. Se la squadra avesse avuto un briciolo di personalità, i giocatori maggiormente rappresentativi si sarebbero mossi in difesa dello staff medico e avrebbero probabilmente imposto il proprio volere. Non è successo, me ne farò una ragione. Stesso discorso per la società, a mio carico non c’è alcun addebito dal punto di vista professionale: per come l’ho vissuta io c’è stata una richiesta da parte di una persona che ha approfittato del momento di difficoltà della società stessa, che si è piegata a questa richiesta invece di ribattere “pensa ad allenare e basta”. Ripeto ancora, però, che il problema grave dal punto di vista medico non è stato che Giovanni Ragazzi non è più il responsabile sanitario del Vicenza calcio, ma che agendo in questo modo il club ha perso il più bravo radiologo d’Italia, il professor Talenti, dilapidando così un patrimonio ventennale di eccellente lavoro.