“Sabato, – ha scritto Belligoli – come sempre, dismessi i panni dell’avvocato e presi quelli del giornalista (pubblicista) ero allo stadio ad occuparmi dei servizi cronistici relativi alle partite dell’Hellas. Vi è sempre emozione nel cercare di raccontare per chi ascolta e cercare di trasmettere sensazioni e “immagini radiofoniche”. In un attimo, come per tutti, è calato il buio: il dramma di un ragazzo di 25 anni si stava compiendo sul prato verde di un terreno di gioco, che dovrebbe ricordare vita e gioia e invece si era trasformato nel nero più cupo della morte, in un solo istante, in un solo maledetto istante”.
“Non conoscevo personalmente Morosini, – prosegue l’avvocato-giornalista – ma ci saremo certamente incrociati nei vari anni fatti di partite, di trasferte, di aeroporti: il grande circo dello sport è anche questo, il prima e il dopo delle partite, l’aspetto umano. Ecco, appunto a questo voglio riferirmi, all’aspetto umano che molto spesso qualcuno dimentica, volendo fare degli sportivi delle macchine da soldi. Non conoscevo nemmeno la storia personale di Morosini. Forse in pochi la conoscevano, e questo è forse l’emblema di quanto sto dicendo e scrivendo”.
A volte, è il concetto espresso da Belligoli, esempi importanti come la vita del “Moro” passano nell’indifferenza generale o sono inascoltati, mentre si enfatizzano i comportamenti di chi infanga la bellezza dello sport. Chi conosce il dolore, ma ha anche la forza di “sopportarlo con dignità, con il sorriso, sempre da dedicare agli altri, come tutti dicevano che Mario sapesse fare sempre” merita più attenzione.
Ecco allora la proposta, quasi una logica conseguenza di questi ragionamenti: “dedicate lo stadio “Adriatico” a quel ragazzo sfortunato che giocando, lavorando, vi ha lasciato la vita. Rinviare le partite è stato giusto, ma tra un mese nessuno ricorderà del rinvio, o magari lo ricorderà solo per discutere e protestare vergognosamente sulla modalità del recupero. Intitolargli lo stadio invece resterebbe a perenne ricordo di un ragazzo che in quello stadio ha lasciato la vita. Spero che si possa fare, lo stadio si chiama “Adriatico”, si potrebbe benissimo aggiungere “Piermario Morosini”. Spero che si superino logiche di bandiera o appartenenza, il “Moro” è morto lì, non importa a nessuno se in quel momento giocasse nel Livorno, nel Pescara o in qualsiasi altra squadra. Lui ha giocato solo in qualche squadra, ma la sua memoria appartiene e apparterrà sempre a tutti. Non restituirebbe certamente alla vita Piermario, ma sicuramente sarebbe una piccola grande consolazione per tutti quelli che lo hanno conosciuto e per tutti noi che riteniamo che lo sport debba essere vita e gioia. Con lacrime sincere un commosso abbraccio”.
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