A Vicenza il “Moro”, come lo chiamavano tutti, si era fatto subito ben volere come da qualsiasi altra parte dell’Italia lui abbia giocato. Perché Piermario era una persona bella, umile. Era un ragazzo onesto, pulito, uno che nonostante la vita lo avesse costretto a sopportare lutti durissimi, sorrideva sempre. Forse ogni tanto il suo sguardo nascondeva un velo di tristezza nei suoi occhi scuri e profondi, ma lui non voleva che nessuno potesse aver compassione dei suoi problemi personali. Lui infatti della sua vita privata parlava pochissimo e solo con il patto ferreo che niente uscisse sui giornali. Per il “Moro” la preoccupazione più grande era quella di dare tutta l’attenzione e tutto l’amore possibile a Maria Carla, la sua sorella disabile che da parecchio tempo è ricoverata in un istituto. La prima domanda che sorge spontanea è perché doveva capitare tutto questo ancora a Piermario. Impossibile trovare una risposta perché non ci si può dare una ragione, un motivo razionale che spieghi perché un ragazzo che aveva già sofferto tantissimo, con una terribile situazione familiare alle spalle, debba essere strappato così a questo mondo durante una partita di calcio, il gioco che lui amava più di ogni altra cosa. La speranza è che la sua morte possa servire per fare in modo che situazioni tragiche di queste tipo non accadano più, che lo sport tuteli al meglio la salute di tutti gli atleti. In questi giorni non si parla d’altro, tantissime le testimonianze di affetto delle tifoserie che hanno potuto apprezzarlo come giocatore e come uomo, molte le iniziative e le promesse di prendersi a cuore la vita sfortunata di Maria Carla. Vicenza e Livorno hanno ritirato la maglia numero 25 per onorare la memoria di questo ragazzo dolce e gentile, che tutti adesso hanno imparato a conoscere. Purtroppo solo adesso che non c’è più. Di Piermario ci resterà il suo sorriso, la sua tenacia, la sua voglia di vivere e di non mollare mai. Ma ci mancherà, ci mancherà tantissimo.