Solo il portiere viene risparmiato dalla “rivoluzione campana”. Elvis vede la partita dalla panchina. Paolucci disputa 26′ senza essere servito da un pallone che sia uno. A Gavazzi è invece riservato un ritorno all’era baldiniana, il ruolo da terzino destro che in più di un’occasione il ragazzo della Valtellina ha dimostrato di non gradire.
La domanda più ricorrente tra addetti ai lavori alla fine della partita di ieri era: perché? Qual è il senso di spettinare una squadra che ha bisogno di certezze come del pane che mangia? Che significato ha risparmiare l’unico attaccante biancorosso in grado di buttare dentro palla per rimpiazzarlo con un pur volenteroso Baclet, che non vedeva campo da aprile?
Gigi Cagni, ricorrendo ad un linguaggio anni ’80 sempre efficace, aveva chiesto ai suoi di giocare in Campania con gli “occhi della tigre”. La risposta è stata desolante: venti minuti giocati discretamente, poi la discesa verso una prestazione colpevolmente anonima. Novantatre minuti per produrre un tiro alle stelle di Baclet e un colpo di testa di Martinelli all’ultimo respiro. Tutto il resto è noia o, peggio, è il nulla.
E allora ci si chiede: questo gruppo è in grado di seguire il suo allenatore sulla strada della battaglia? Quelli che sia Baldini che Cagni hanno definito “bravi ragazzi”, hanno gli strumenti di carattere e personalità adatti ad affrontare ventinove spareggi sulla strada della salvezza? Il gol preso ieri (due stabiesi hanno la meglio in mezzo a sette maglie vicentine), come tanti altri di questo inizio stagione, è un ulteriore segno della preoccupante carenza di concentrazione e determinazione dei biancorossi che non può lasciare tranquilli.
Su quest’ultimo quesito le dichiarazioni post-gara di mister Cagni lasciano interdetti. Da un mister che chiede ai giocatori gli attributi e riceve la replica vista a Castellamare ci si sarebbe aspettati una reazione veemente in sala stampa. Il tecnico di Brescia ha scelto invece di minimizzare, di tranquillizzare ad oltranza. Alcune giustificazioni alle sue scelte sono parse imbarazzanti. Su tutte, Abbruscato lasciato fuori “perché non può giocare tre partite in otto giorni”, dimenticando le 54 partite da titolare disputate da Elvis dal suo arrivo a Vicenza.
Anche il ritornello delle ventinove partite ancora da disputare e degli 87 punti ancora in palio non convince, perché guardare troppo lontano inganna lo sguardo e si rischia di perdere di vista i rischi dell’immediato: sabato c’è il Gubbio, che non senza fortuna ha comunque portato a casa 7 punti in 3 partite dall’arrivo di Simoni in panca. Poi doppia trasferta: si va prima a Marassi ad affrontare una delle corazzate della B, poi a Nocera Inferiore contro una diretta concorrente per la permanenza in B. Quindi arriva al Menti il Pescara di Zeman, la squadra oggi più in forma del campionato, infine nuovo match-salvezza fuori casa con il Modena.
Meglio, più che guardare il futuro remoto, pensare a racimolare quanto più possibile in quello prossimo rappresentato da queste cinque partite.
Evitando di nascondere la testa sotto la sabbia, minimizzando la gravità della situazione (il penultimo posto in classifica è lì da vedere) e sposando così un atteggiamento troppe volte utilizzato da questa società.
Non si lasci fuorviare, mister Cagni, di capitani del Titanic in via Schio ce ne sono già parecchi.
Ma l’iceberg non si sposta da solo e la virata non la si può dare tra ventinove partite.
“E Il capitano dice al mozzo di bordo: “Signor mozzo io non vedo niente, c’è solo un po’ di nebbia che annuncia il sole. Andiamo avanti tranquillamente…” (“I muscoli del capitano” – F. De Gregori)